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mercoledì 30 ottobre 2013

Continua il terrorismo sull'Orso marsicano

Il 23 ottobre scorso in Abruzzo è stato ucciso l'ennesimo esemplare di Orso marsicano (Ursus arctos marsicanus), una sottospecie di Orso bruno che vive solamente in questa regione italiana; il giovane orso è stato investito da un'auto, quindi conseguenze pericolose anche per l'autista del mezzo. Il WWF ha chiesto più volte di intervenire sulla viabilità della zona per evitare incidenti come questo, ma le autorità non ci sentono: l'areale dell'Orso marsicano continua ad essere frammentato da strade percorribili da chiunque, pertanto queste cose possono accadere molto frequentemente.
L'evento è uno dei tanti di questi anni, che certifica la progressiva estinzione di questa meravigliosa sottospecie di Orso bruno, soprattutto perché la gestione viene affidata a persone incompetenti e prive di interesse in questo senso; i governi di questi anni hanno speso belle frasi e belle parole ma niente di concreto è stato fatto, si preferisce sperperare i soldi in cose molto meno utili e poco lucide.
Le cose da fare sarebbero tante: chiudere le strade di montagna, mettere in protezione tratti stradali che potrebbero avere conseguenze mortali anche per l'uomo, mettere in sicurezza pozzi di raccolta d'acqua in montagna, bloccare una zootecnia illegale e di rapina, chiudere zone dove si spargono bocconi avvelenati, creare corridoi necessari a collegare le aree dove vive questo splendido animale.
L'elenco è lungo e sicuramente. scavando in quello che si dovrebbe fare, la lista potrebbe protrarsi ancora.
Il WWF non finisce, però, di combattere la sua guerra contro le istituzioni e ha chiesto al Ministro dell'Ambiente azioni concrete nella tutela e nella conservazione dell'Orso marsicano e dell'Orso bruno sulle Alpi e quindi rispettare gli impegni presi con la sottoscrizione dei piani di tutela di questa specie sulle Alpi e in Appennino.

martedì 15 ottobre 2013

Sapevate che il nostro stile alimentare può danneggiare l'ambiente?

Alcuni dati della FAO ci fanno capire com'è la situazione nel mondo: nel 2012 una persona su 8 era in condizioni di denutrizione cronica, 870 milioni di persone in totale ma 130 milioni di persone in meno rispetto a 20 anni fa; quest'ultimo dato è positivo, però non dobbiamo prendere sotto gamba la situazione perché se la fame è diminuita in Asia e in America Latina, è aumentata nell'Africa sub-sahariana.
Un'intervista della responsabile dell'Ufficio Gestione Risorse Naturali e Ambiente della FAO, Mathilde Iweins, ha messo in luce i problemi ancora esistenti da non sottovalutare. Secondo l'intervista, infatti, si prevede che entro il 2050 nel mondo saremo circa 9 miliardi di persone, pertanto la produzione globale di cibo dovrebbe aumentare del 60% rispetto ai livelli del 2005/2007.
Un fattore importante lo dà il cibo che viene perso o sprecato nel mondo, nel percorso dal campo alla tavola: intanto il cibo sprecato esercita un impatto enorme sulle risorse naturali che vengono sfruttate in modo esponenziale, ma poi con tutto quello che va perso si potrebbe sfamare un sacco di popolazioni sottosviluppate che oggi vivono in condizione di denutrizione, per esempio il grano sprecato nell'Africa sub sahariana potrebbe coprire le esigenze alimentari di circa 48 milioni di persone; quindi è importantissimo cercare di non sprecare cibo sia da parte dei produttori, sia da parte dei commercianti, sia da parte dei consumatori.
La FAO ha suggerito 80 buone pratiche lungo tutta la filiera per ridurre al minimo gli sprechi alimentari, che sono riassunte in un unico titolo 'riduci-riusa-ricicla-ripara': sono strategie che riguardano tutti i settori, dalla raccolta nei campi, fino all'oculatezza della spesa settimanale delle famiglie per ridurre gli avanzi.
E' inutile, dunque, ripetere come lo spreco del cibo va ad impattare anche l'ambiente: il cibo totale perso nel mondo all'anno è di circa 1,3 miliardi di tonnellate, un terzo di quello prodotto; l'impronta del cibo prodotto e non mangiato è di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2, una quantità pari a più di due volte l'impronta del carbonio dei mezzi di trasporto su strada degli USA nel 2010; l'impronta dell'acqua blu sprecata (acque superficiali e sotterranee) è di 250 km3, pari a tre volte il volume del Lago Ginevra; infine il cibo non consumato occupa 1,4 miliardi di ettari di terra, circa il 30% delle aree agricole mondiali.

domenica 6 ottobre 2013

Il cambiamento climatico continua, dobbiamo adeguarci...

Comincia un nuovo autunno che ci porterà verso un nuovo inverno e gli allarmi per i temporali e le calamità naturali sono già in corso; l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) ha presentato un rapporto degli ultimi 10 anni che evidenzia l'elevata temperatura che hanno avuto: sono stati i 10 anni più caldi da quando siamo in grado di misurare la temperatura. Allo stesso tempo, in questo lasso di anni abbiamo avuto un elenco di eventi estremi che hanno portato a vittime e danni: ondate di caldo in Europa e Russia, l'uragano Katrina negli USA, i cicloni tropicali del sud-est asiatico, la siccità in Amazzonia, Australia e Africa orientale e le inondazioni in Pakistan; a tutto questo va aggiunto anche il rapido scioglimento dei ghiacci marini ed una riduzione delle calotte artiche e antartiche.
Per fortuna, però, ci stiamo dando una mossa, infatti le energie del futuro si stanno diffondendo: in alcuni paesi fra cui Germania e Italia ci sono ore del giorno in cui le energie rinnovabili producono tutta l'energia elettrica necessaria, pertanto la prospettiva del 100% rinnovabili per il 2050 non è più un'utopia.
Naturalmente i produttori di combustibili fossili non l'hanno presa bene, ma invece di adeguarsi fanno di tutto pur di combattere la corsa alle rinnovabili, tuttavia però buone notizie arrivano da tutto il mondo: il presidente Obama ha messo a bando delle centrali a carbone ritenute inquinanti per salute e clima; si è creato un gruppo di lavoro tra USA e Cina sul clima; la Banca Mondiale ha creato una politica di investimenti, limitando i finanziamenti alle centrali a carbone. Insomma tanti buoni inizi, che devono portarci indubbiamente a qualcosa di positivo, basta non fermarsi per strada.

sabato 5 ottobre 2013

Una specie fantastica che non dobbiamo perdere

La Tigre (Panthera tigris), il più grande felide presente sul Pianeta Terra; un tempo il suo areale comprendeva gran parte dell'Asia, adesso è limitata a poche aree, per lo più protette, con un numero di individui esiguo. Le cause della riduzione di questa specie sono molteplici, ma quasi tutte riconducibili all'uomo: frammentazione dell'habitat naturale, bracconaggio (con conseguente commercio illegale), riduzione delle prede e popolazione umana in rapido aumento. Un esempio lampante è l'Isola di Sumatra che, in passato, era ricoperta per circa il 60% da foresta pluviale, oggi uno dei polmoni più verdi del pianeta si estende per circa un 30% del territorio dell'isola: qui sopravvivono le ultime Tigri dell'Indonesia. In quest'isola, come per gran parte dell'Arcipelago Indonesiano, ci sono state ampie deforestazioni: sono stati rimpiazzati gli alberi spontanei per far posto a piantagioni di Palma da olio e di Acacia (a scopo industriale); dall'altra parte il governo indonesiano sta combattendo contro questo fenomeno rinnovando la moratoria per fermare lo scempio, purtroppo questo non vale per le concessioni date in precedenza alle multinazionali, che riguardano il 70% di quello che rimane, tutto ciò a scapito di ambienti molto ricchi come le torbiere. Questo ecosistema si sta riducendo a vista d'occhio, circa 542mila ettari all'anno dal 1985 sono stati perduti: di conseguenza con la scomparsa delle aree forestali, le specie come le tigri, gli oranghi, gli elefanti e i rinoceronti precipitano nel baratro dell'estinzione.
Anche le altre cause concorrono, il bracconaggio è una delle maggiori; vengono uccise tigri per le loro parti (pelle, ossa, vibrisse, ecc.) che al mercato nero valgono circa 50mila dollari; la popolazione non è da meno, i villaggi si espandono, le coltivazioni pure, mettendo in stretta vicinanza uomo e animale, automaticamente, come succede in Italia per animali come Lupo e Orso, le tigri vengono viste come una minaccia e quindi ci si va pensante con le fucilate.
Nel complesso possiamo già registrare delle estinzioni di sottospecie di tigre come per esempio la Tigre di Giava (P.tigris sondaica), diffusa fino a tutto il XIX secolo, questa piccola tigre contava solo una dozzina di esemplari nel 1972, poi nel 1994 è stata dichiarata estinta; la Tigre del Mar Caspio (P.tigris virgata), presente in Turchia fino all'inizio degli anni '90: fino agli anni '80 se ne contavano circa 50 in tutta la Turchia, poi il bracconaggio ha fatto il resto, circa 8 tigri uccise ogni anno; la Tigre della Cina Meridionale (P.tigris amoyensis), considerata ancora presente ma in imminente pericolo di estinzione: in Cina ci sono delle politiche di conservazione molto severe per quanto riguarda tutte le specie che si trovano nella riserva naturale che si trova a cavallo del fiume Amur, ma a Sud non c'è tutta questa sensibilizzazione, inoltre durante il dominio di Mao Zedong le tigri furono dichiarate 'nocive' e quindi abbattute, da 4000 che erano ne rimasero 200 nel 1982; la Tigre di Bali (P.tigris balica), considerata la sottospecie più piccola, ma anche quella che è sparita per prima: fino al 1937, infatti, questa tigre popolava l'Isola di Bali, oggi oggetto di meta turistica balneare per molti. Chi è stato su quest'isola può non credere che in questo ambiente sia vissuta una tigre: un tempo questo posto (un isola di 5561 chilometri quadrati) era coperta da una lussureggiante foresta, in seguito la deforestazione a tappeto, l'aumento della popolazione (640 abitanti al km quadrato) e i 2159 hotel con connesse strutture balneari hanno reso l'Isola di Bali inospitale anche per un felide meglio adattabile come il Leopardo.

martedì 1 ottobre 2013

Caccia iniziata, già i primi problemi

Da circa 15 giorni (in alcune regioni da un mese) è iniziata la nuova stagione venatoria, purtroppo però si registrano già molte illegalità e molti problemi: norme e regole disapplicate in molte regioni, caccia in periodo di migrazione e bracconaggio dilagante.
Da circa 3 anni sono state recepite le norme europee in materia di caccia come decreto legge nazionale, queste norme prevedono che il calendario venatorio e le attività di caccia siano in sintonia con le esigenze di tutela e conservazione della fauna selvatica, nonostante questo molte regioni italiane (Umbria, Toscana, Lazio, Lombardia e Friuli Venezia Giulia) non hanno rispettato le direttive europee e le disposizioni dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale): le attività venatorie vengono programmate più per rispondere ai desideri dei cacciatori che in aiuto del mondo naturale.
Uno degli aspetti che è rimasto irrisolto è il problema delle 19 specie in cattivo stato di conservazione per le quali è autorizzata la caccia: in questo caso, in assenza di piani di conservazione precisi, andrebbe sospesa la prelazione venatoria in via cautelativa; alcune regioni hanno tolto solamente Moretta (Aythya fuligula) e Combattente (Philomachus pugnax) mentre non è stato fatto niente per le altre 17 specie. Le buone notizie arrivano dal Molise che ha ridotto per molte specie l'attività venatoria.
Moretta